Castello Ursino

628 Views





ursino.jpgSuperbo edifizio costruito dall’Arch. Riccardo da Lentini per Federico II di Svevia tra il 1230 e il 1250 e più precisamente, sembra, sul 1240 poiché, come dottamente scrive l’Agnello, nella sua pregevolissima opera: L’architettura sveva in Sicilia, «nessuna delle costruzioni imperiali ha avuto la fortuna di trovare, nell’evidenza delle date, una determinazione cronologica così specifica come quella relativa al nostro castello». Qui più che altrove forse, il grande Federico lasciò luminoso ricordo di sé in questa opera che egli volle edificata negli ultimi anni della sua turbinosa e gloriosa vita (due volte scomunicato ma poi assolto, prode in guerra e fecondo di nobili attività ed opere insigni nelle terre del suo impero) conclusasi in Puglia nel 1250. Egli personalmente seguì la costruzione del castello con vero amore, se pur da lontano, apportandovi il contributo del suo elevato senso artistico (come testimoniato da un lungo carteggio intercorso tra l’imperatore e l’architetto Riccardo) ma non sappiamo se prima dell’improvvisa sua morte potè ammirarne il compiuto splendore. Sulle origini del nome «Ursino» vi sono ipotesi molto contrastanti ma esso risale comunque ad epoca molto remota poiché nel 1255 era già così chiamato dal vescovo catanese Ottone Capoccio. La versione più logica, se pure mancante di prove, lo attribuisce alla famiglia Orsini la quale sarebbe stata accolta nel castello quando venne espulsa da Roma per le sue idee ghibelline, mentre altra lo fa provenire dalla presunta esistenza di un precedente «castrum» chiamato Arsinio da Arsinius console romano che governò la Sicilia prima del 359 d. C. Questo famoso mastio fridericiano fu sede di molti rè e parlamenti e la sua lunga storia è ricca di memorabili episodi fin dalla rivoluzione dei Vespri, durante la quale vi si asserragliarono gli angioini di Catania assediati dal popolo. Lo stesso anno 1282 rè Pietro d’Aragona convocò al castello i rappresentanti di tutte le città della Val di Noto incitandoli a resistere all’angioino e nel 1283, vi riunì il parlamento generale di Sicilia. In seguito, dopo essere stato dimora del successore rè Giacomo (il quale, si vuole usasse tenere ordinanza nel cortile del castello) divenne sede del fratello, rè Federico II, che lo arricchì notevolmente e poi, nel 1337, qui morì (o in Paternò come taluno afferma), circondato dall’affetto di tutto il popolo che con lui perdeva uno strenuo difensore delle proprie libertà. Pietro II conservò al castello la sua eccezionale importanza e quivi nacquero i suoi figli: Ludovico (1338) e Federico, detto poi «il semplice», (1341). Nell’anno 1347 vi si firmò la pace tra la regina Giovanna di Napoli ed il reggente Giovanni duca di Atene. L’epidemia del 1355 portò gravi lutti al castello ed a tutta la corte. In pochi giorni vi perirono Federico, figlio del duca di Atene e Blasco Alagona.



Vi fu anche trasportato il giovane rè Ludovico, morto nel castello di Aci. Con la successione al trono di Federico III, la rocca catanese risorse a nuovo splendore ed egli, con la moglie Costanza, vi soggiornò a lungo. La loro figlia Maria, rimasta erede del regno nel 1377 a soli quindici anni, venne custodita dal reggente Artale Alagona il quale, avendo deciso di darla in in sposa a Galeazzo Visconti di Milano, la tenne gelosamente rinchiusa nel castello. Raimondo Moncada, in opposizione a tali disegni, con abile manovra riuscì a rapirla e la condusse nel castello di Augusta. Questa giovane regina, oggetto di contrastanti mire politiche, andò poi sposa al cugino Martino, figlio del duca Martino di Montblanc, ed i nuovi sovrani presero dimora nel munito castello dove, nel 1397, nacque l’erede al trono, Federico, la cui prematura morte fu seguita da quella della madre.Il 21 maggio 1402 vi si celebrarono, per procura, le seconde nozze di Martino con Bianca di Navarra mentre questa si trovava ancora nella dimora paterna. La nascita del loro figlio riempì il castello di grande letizia che presto però ebbe a mutarsi in cordoglio per la morte dello stesso infante. In Sardegna poi, nel 1409, moriva rè Martino. Ne ereditò il reame il padre che dinasticamente divenne in Sicilia Martino II e del quale Bianca rimase vicaria nel regno. Essa fu però costretta a fuggire dal castello, per sottrarsi alle note insidie del potente Bernardo Cabrerà, ed ebbe così inizio per la bella e nobile regina il suo governo nell’isola sempre minacciato dalle persecuzioni del vecchio giustiziere. Poco dopo non ritenendosi sicura in alcun luogo, essa tornò a rifugiarsi nel fido castello catanese, in quel tempo sotto il comando del castellano Luigi Baudiello, e nel 1414 vi tenne lungamente presso di sé la giovane sposa di Nicolo Peralta, Isabella di Luna. Succeduto al vecchio Martino Ferdinando di Castiglia, detto «il giusto», nei regni di Aragona e di Sicilia, questa divenne provincia degli Stati di Aragona ed i viceré posero la loro sede nel castello Ursino.

Nel maggio del 1416 vi si convocò l’assemblea dei sindaci di Sicilia per giurare fedeltà ad Alfonso, figlio e successore di Ferdinando. Molti parlamenti furono qui riuniti, e tra i più importanti quelli del 1470 – 1478 – 1494. L’anno 1550 il castello si preparò a ricevere con tutti gli onori rè Filippo d’Austria (I di Sicilia e II di Spagna) e l’appartamento reale venne rimodernato ed abbellito. Molto dopo, la tremenda eruzione dell’Etna del 1669 alterò completamente la topografia circostante ed il castello, che si trovava su di un promontorio roccioso dominante la spiaggia, venne circondato dalla lava che, prolungandone la scogliera, ne allontanò il mare mentre la successiva rottura della crosta lavica, in prossimità della sua porta, bruciò il ponte levatoio distruggendone le catene. I terremoti del 1613 e 1818 misero a dura prova la sua forte struttura e nel 1831 Ferdinando di Borbone lo trovò in tali condizioni da cancellarlo dalla lista dei grandi castelli siciliani. Nel 1860 venne avvilito a caserma militare e finalmente, nell’anno 1931, ebbero felicemente inizio i grandi lavori di restauro che restituirono alla magnifica opera sveva quasi il primitivo splendore. All’interno, sul grande atrio, tutto un complesso di vastissime sale (con volte a crociera sostenute da mezze colonne, ricchissimi capitelli e mensole) racchiudono mirabilmente l’attuale museo civico.


Leave a Comment