Castello di Mongialino

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mongialinoIl castello di Mongialino sorge in un sito frequentato sin dall’eta del Bronzo; sono stati infatti ritrovati reperti risalenti a questo periodo nella scarpata sottostante ed anche il territorio limitrofo e ricco di necropoli ed insediamenti. II castello si compone di un massiccio donjon circolare (di cui rimane in piedi circa metà della prima elevazione e solo pochi ruderi della seconda) e di una cinta di mura, sulla quale sono visibili resti della merlatura, racchiudente un’area irregolarmente poligonale. Non sono leggibili le tracce della porta d’ingresso e del ponte levatoio di cui parlava, a meta del 700, Vito Amico. E’ probabile che l’ingresso fosse a ridosso del torrione, là dove questo si congiunge con la cinta. Accostate alle mura del cortile giacciono ruderi di ambienti di servizio, forse stalle e magazzini. Il grande torrione circolare, il cui ingresso presenta conci intagliati e ben accostati, aveva diametro complessivo di 21 m, con spessori murari esterni di m 2,10 e ‘nucleo’ interno del diametro di m 8,35. Si determinava cosi un ambiente a pianta ‘anulare’ conservatosi per circa meta della circonferenza. Era largo 4,12 m e coperto originariamente, su tutto lo sviluppo, da volte a botte realizzate in conci regolari con rinforzo di archi radianti impostati nella muratura e realizzati in grandi conci squadrati. Si tratta di una struttura singolare che non trova paralleli in Sicilia. Alla metà del XVIII secolo Vito Amico scriveva, per il torrione, dell’esistenza di quattro elevazioni. Attualmente, oltre alia parte conservatasi dell’ambiente anulare del piano terreno coperto da volte, sussistono, per l’elevazione superiore, soltanto pochi ruderi di mura con accenni della volta. Non è il caso di ipotizzare un ulteriore sviluppo in alzato. La descrizione di Amico appare perciò plausibile nell’ipotesi della presenza di due solai lignei che dividessero ulteriormente gli ambienti coperti dalle volte.Questa possibilità sembrerebbe ulteriormente avvalorata dalla presenza, a metà circa dell’altezza dell’ambiente ‘anulare’ del piano terreno, di due robuste cornici ad aggetto snodatisi allo stesso livello sulle due pareti interne. Esse costituivano probabilmente l’appoggio del primo solaio. Non sembrerebbe inoltre giustificabile altrimenti l’altezza a cui si aprono le finestre, alcune munite di panchette; queste aperture illuminavano probabilmente il primo piano formato dal solaio ligneo. Sulle pareti si aprono anche saettiere strombate verso l’interno. Delle mura perimetrali relative alla ulteriore elevazione del donjon sopravvivono, come gia accennato, solo alcuni resti tanto per la circonferenza esterna che per il ‘nucleo’ interno. Anche per questo livello superiore si può però ipotizzare l’esistenza di un solaio ligneo e quindi una ripartizione in due piani che, insieme ai due sottostanti confermerebbero la descrizione di Amico. Il ‘nucleo’ centrale cilindrico ospita al suo interno, nella parte basamentale, una capiente cisterna, nella quale si convogliavano le acque piovane provenienti dalla copertura che secondo Amico era rivestita da lamine di piombo. Un’altra cisterna si apre sotto il cortile cintato. Si possono osservare all’interno della muratura i resti della canalizzazione fittile delle acque piovane. I resti del castello sono imponenti ma pericolanti. I crolli si sono susseguiti e grosse porzioni di strutture murarie giacciono lungo il pendio; altri settori della cinta muraria si presentano in avanzato stato di degrado, in procinto di collassare. Anche la tenuta statica del torrione, nonostante i grandi spessori murari ed il basamento leggermente scarpato, appare ormai precaria.


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